03 aprile 2013
ARTEMIS DANZA - 28 aprile 2013
03 aprile 2013
Traviata è il primo capitolo del progetto “Corpo a Corpo Verdi - Trittico” (2011-2013), una proposta in danza dei melodrammi più celebri del compositore di Busseto, a cui è seguito nel gennaio 2012 Rigoletto con debutto al Théâtre de Suresnes Jean Vilar di Parigi e che vedrà nel 2013, in occasione del bicentenario dalla nascita di Giuseppe Verdi, la presentazione dell’intero ’trittico’.
Un viaggio coreografico in cui la danza e l’opera duettano dando corpo a un fluire di immagini sbrigliato da qualsiasi volontà di aderenza didascalica, eppure legato a doppio filo al dramma di Violetta. Viaggio in cui vibra il sentimento amoroso di chi spera, legato tragicamente alla sensazione di sapere che tutto finisce, mentre si consuma il conflitto tra singolo e società, pubblica facciata e privato sentire.
Una Traviata letta dal punto di vista di Violetta. Violetta, appunto, contro tutti. Violetta al centro di una società maschilista espressa da un coro in nero. Violetta moltiplicata in tanti elementi femminili, in tanti spaccati di cuore. Violetta disprezzata, che anela, pur malata, pur cortigiana, a qualcosa di puro. Violetta contro cui si scagliano le regole borghesi espresse dal padre di Alfredo, Giorgio Germont, emblema di una società dalla morale malsana. Una società in cui per certi versi si rispecchia a distanza anche la nostra.
Traviata, ovvero il dramma di Violetta, di questa donna a cui è negata la speranza di un sentimento d’amore. Perché, se come prostituta felice del suo ruolo poteva essere integrata nascostamente dalla società, da cortigiana animata dal desiderio di uscire dal suo destino, non poteva che essere punita dalla malattia, dalla morte, dal disprezzo. Uccisa dall’ipocrisia del coro. Alfredo perciò è nello spettacolo soprattutto un uomo di poco spessore, schiacciato dalle azioni del padre: appartiene anch’egli al coro e viene evocato più per la scena della festa da Flora che per le sue dichiarazioni d’amore.
Una Traviata molto femminile nella quale la partita non si gioca sulla decorazione, ma sull’esplodere di un’energia fisica di dolore, specchio dell’anima.